Pop Art e dintorni nella Milano degli anni ’60/’70
L’approccio satirico della Pop Art italiana
L’esposizione “MILANO POP. Pop Art e dintorni nella Milano degli anni ’60/’70”, come suggerisce la curatrice Elena Pontiggia, ci propone una visione originale della POP Art, che riprende le forme dei modelli made in USA, ma ha come riferimento soprattutto esempi europei, inglesi e francesi, che hanno contato per i protagonisti del gruppo di Milano, attivo a partire dagli anni ’60-’70, tra il boom economico e l’annuncio dei tempi bui degli “anni di piombo”.
Uno dei fili conduttori è la contintuità della presenza degli artisti nella capitale lombarda, di cui non tutti sono originari, ma che è fulcro della loro ricerca e della visione critica che esprimono nelle opere, del tutto attuale anche oggi.
Il Grande Prestigiatore
Gli stessi artisti hanno parlato del senso della loro attività, allora e oggi: De Filippi, Sarri, Mariani si sono confrontati con le domande del pubblico, orgogliosi del fatto che le opere esposte ci parlano della contemporaneità, attraverso un dialogo di rimandi interni, una riflessione sulla ricerca di nuove forme espressive e di mezzi tecnici (all’epoca la novità dei colori acrilici), uno sguardo sulle contraddizioni di allora e di oggi, viste in modo incisivo e spesso con efficace ironia.
Nella pop art di MILANOPOP è evidente l’influenza di Warhol e compagni, ma anche la distanza critica dal movimento americano, accusato di cedere alla celebrazione del consumismo.
«Io non pensavo di fare Pop Art, ma qualcosa contro» ricorda De Filippi. «Abbiamo assimilato l’alfabeto della Pop Art, quel modo di dipingere immagini popolari, ispirate al cinema, al fumetto, ecc., ma poi abbiamo espresso concetti completamente diversi, che con la Pop Art non hanno niente a che fare: io ho riflettuto sul sociale, altri sulla politica» precisa Sarri.
Nel 1964, l’anno della Pop Art alla Biennale di Venezia, a Milano si fa conoscere la Nuova Oggettività tedesca, che colpisce Mariani: «La restituzione ottica e quasi tattile della materia che c’è nei miei quadri deriva da lì. […] A me interessava l’oggetto come era dipinto da Grosz, Dix, Schad».
Gli oggetti ci guardano
Il percorso espositivo approfondisce un segmento di storia recente del nostro Paese attraverso una cinquantina di lavori – molti dei quali inediti – dei principali protagonisti milanesi della Pop Art, movimento che più di ogni altro ha saputo esprimere le icone e le contraddizioni della società, specialmente dopo la citata Biennale di Venezia del 1964, cui aveva dato un contributo fondamentale Peggy Guggenheim, impegnata a esportare la pop art americana in Italia. Si può vedere una sintesi dell’evento e delle vivaci reazioni innescate in un video da RAI Teche (8′).
“Sembra Pop Art, invece non lo è”, così si esprimeva Dino Buzzati, nel marzo 1966, in una sua recensione; e Enrico Baj dichiarava «La Pop Art… partì da premesse ironiche e dissacratorie della società consumistica… Ma poi divenne la monumentalizzazione e la celebrazione di quella società che voleva criticare. […] In cosa consiste la Pop Art? In una visione enfatizzata dei simboli della vita americana: la bandiera e il tirassegno, l’hamburger, la Campbell Soup; il fumetto ingigantito […]; le riproduzioni di Marilyn e della sedia elettrica; […]. L’elenco può allargarsi all’infinito».
La Pop Art italiana ha spesso un approccio satirico e tocca anche temi politici: la collettiva si apre con l’ironico décollage di Rotella Cleopatra Liz (1963), la Palma di Schifano dei primi anni ’70;
Gli occhiali (1968) di Giosetta Fioroni, per poi concentrarsi sull’ambiente milanese con il metafisico Archeologia con De Chirico del 1972 di Tadini, il collage Cathérine Desjardins, dite Madame de Villedieu del 1974 di Enrico Baj, gli oggetti quotidiani di Stefanoni, come Gli imbuti (1970) e I flaconi (1969); e poi i lavori ispirati a temi politici e sociali come Il giorno della presa di Baratella; Cuba-Cuba di De Filippi; Il grande prestigiatore (Le avventure di Nessuno) di Sarri; Gli oggetti ci guardano e passano di Umberto Mariani; Garibaldi e sua figlia Clelia e l’inedita Metropolitana di Spadari.
La mostra è integrata da un video-documentario con testimonianze e interviste.
Inoltre, mercoledì 10 aprile, presso la Galleria Robilant+Voena, saranno esposti una trentina di lavori di Sergio Sarri e Giangiacomo Spadari, accomunati dall’attenzione «alle modalità espressive del cinema come spunto pittorico».
I due artisti “si sono ispirati all’impatto visivo del cinema, alla sua capacità di coinvolgimento, al suo linguaggio popolare, alla sua eloquenza senza ermetismi”, ciascuno secondo una propria linea interpretativa.
MILANOPOP rientra tra le iniziative della Milano Art Week organizzata dal Comune di Milano in collaborazione con Miart ed è promossa da Arteutopia e dalle Associazioni Sergio Sarri e Giangiacomo Spadari in collaborazione con Regione Lombardia, Collezione Koelliker e Fontanasedici S.r.l.
Il catalogo comprende un testo critico di Elena Pontiggia e interviste inedite agli artisti (Grafiche Milano, Segrate).
MILANOPOP
POP ART E DINTORNI NELLA MILANO DEGLI ANNI 60/70
Spazio Espositivo di Palazzo Lombardia – Milano, via Galvani 27 – fino al 29 maggio 2019
lunedì-venerdì ore 11-19; sabato-domenica ore 15-19
Ingresso libero
Due visite guidate d’eccezione il 9 e il 23 maggio alle ore 19 verdanno la presenza di alcuni tra gli artisti in mostra (per informazioni: milanopop@f16arte.it)