Pavarotti celebrato da Ron Howard in un docu-film
Pavarotti genio per sempre
Al cinema il 28-29-30 ottobre “Pavarotti”, sarà possibile vedere il docu-film del regista americano Ron Howard (Premio Oscar per A Beautiful Mind), distribuito da Nexo Digital, che ci restituisce l’immagine appassionata e genuina di una delle voci dal timbro inconfondibile e più straordinariamente potenti dell’opera lirica.
Il film ripercorre la vita artistica e personale del grande tenore, nato a Modena nel 1935: l’infanzia e la passione precoce per il canto, ereditata in famiglia, il diploma di maestro elementare, il debutto nel 1961 con la Bohème di Puccini, e poi la folgorante carriera, fino alla sua scomparsa nel 2007.
Al materiale video inedito, proveniente per la maggior parte dalla collezione privata della seconda moglie, Nicoletta Mantovani, responsabile della “Casa Museo Luciano Pavarotti” a Modena, si aggiungono interviste, testimonianze, racconti in prima persona di familiari, amici, colleghi, collaboratori, produttori, critici e, naturalmente, le arie più famose da lui interpretate a partite da “Nessun dorma” della Turandot di Puccini, uno dei successi più amati.
Una vera e propria star, anzi la “rock star” della lirica,
amatissimo e acclamatissimo ovunque, con più di 100 milioni di dischi venduti,
che ha reso l’opera popolare nel mondo, tanto da essere soprannominato “il tenore del popolo”.
In occasione della Coppa del Mondo del 1990 in Italia si è esibito il trio di tenori Luciano Pavarotti, Placido Domingo e Josè Carreras, sotto la direzione del Maestro Zubin Mehta, per un pubblico mondiale di 1,4 miliardi di persone!
Ha detto il regista: “Uno degli obiettivi più ambiziosi di Pavarotti era … fare innamorare dell’opera il maggior numero di persone possibile … Luciano amava così tanto la musica. E amava così tanto la gente … Con Pavarotti la mia domanda era: dove ha avuto origine questa incredibile abilità artistica? Non ha solo a che fare con la sua voce straordinaria. Deve per forza venire dal cuore …”.
E lo si capisce fin da subito, in apertura del film, con l’arrivo di Pavarotti al Teatro Amazonas di Manaus, nella foresta brasiliana nel 1995, dove anche Caruso, il suo idolo, aveva cantato.
Ma il docu-film merita di essere visto anche perché ci fa conoscere gli aspetti più intimi e personali dell’artista che ci conquista per la spontaneità, la naturalezza, l’immediatezza con cui sapeva relazionarsi con gli altri.
Non solo il talento, il carisma, la grande professionalità, l’impegno nello studio che gli ha permesso di acquisire una tecnica definita “perfetta” (Pavarotti era capace di arrivare a tutti e nove i do di petto in La Fille du régiment di Donizzetti apparentemente senza sforzo), ma anche l’umanità la sensibilità, la generosità dell’uomo nelle vesti di figlio, amico, marito, compagno e padre.
Un temperamento esuberante, gioviale e giocoso, legato profondamente alle origini contadine e alla terra emiliana, non privo di contrasti e a tratti soverchiato dal peso del successo, della celebrità e delle aspettative che comporta, ma pervaso da una grande sensibilità e da un sincero amore per gli altri.
Caratteristiche che lo hanno portato a spendersi infaticabilmente e a coinvolgere artisti di fama mondiale, nel periodo Pavarotti and Friends, per raccogliere fondi da destinare all’infanzia e ai meno fortunati; nel 1992 la collaborazione con Bono degli U2, fortemente voluta per organizzare un concerto per i bambini della Bosnia, porterà, oltre ad una duratura amicizia, alla scrittura del noto brano Miss Sarajevo.
Impossibile nominare tutte le star con cui Pavarotti si esibito: Sting, i Queen, Elton John, James Brown, Lou Reed, Liza Minnelli, Eric Clapton, Steve Wonder, Natalie Cole, B.B. King, i Deep Purple, Tom Jones, Joe Cocker, Zucchero (Miserere), Dalla (Caruso), Bocelli, per citarne alcuni, a cui si sono affiancati personaggi come il Dalai Lama e la principessa Diana, diventata sua sostenitrice ed amica.
I concerti negli stadi gli sono però costati le critiche di diversi puristi della musica classica che lo accusavano di allontanarsi troppo dal mondo della lirica, ma Pavarotti ha continuato convinto nel suo impegno, per cui è stato nominato Messaggero della Pace per le Nazioni Unite (1998) ed insignito del Nansen Refuge Award dall’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (2001).