La timidezza blocca l’amore?
La timidezza blocca l’amore?
Saper esprimere le proprie emozioni significa riuscire ad esternare i propri desideri, nelle circostanze di ogni giorno come in ambito sessuale. Significa non aver paura del giudizio degli altri, soprattutto delle persone amate. Ad esempio non temere l’opinione dell’eventuale partner sull’aspetto del proprio corpo e sul modo di agire la sessualità. Uomini e donne timidi, invece, si lasciano sfuggire di mano rapporti e relazioni per il timore di esporsi, chiudendosi in un mondo di solitudine dove, apparentemente, trovano pace.
La riservatezza è spesso considerata un pregio e il famoso self-control inglese un esempio di stile. Ma, se arrossire è un comportamento tipicamente umano e involontario che rivela semplicemente imbarazzo, il non esporsi, quando si trasforma in vergogna, può genererare ansia e impedire l’incontro con l’altro. «Il timido, nella società dell’apparenza e della comunicazione, è visto come una sorta di outsider» afferma Walter La Gatta, psicologo (www.clinicadellatimidezza.it). «Per contro, la timidezza è in aumento perché, sebbene possa esserci una predisposizione genetica, molto della personalità del timido è dovuto alle esperienze e allo stile di vita. Il lavoro, oggi sempre più spesso svolto a casa e al computer – al quale si delegano anche molti incontri – ha portato ad una minore socializzazione e ad una ridotta pratica delle abilità sociali».
Quali sono le reazioni quando si affronta una realtà con la quale si ha poca confidenza, che si conosce poco? La timidezza si può trasformare in paura e questa emozione troppo forte può impedire anche il rapporto sessuale. «L’incapacità ad affrontare il mondo e i lupi che esistono nel mondo esterno, si concretizza nell’inadeguatezza ad affrontare le emozioni, vissute come negative» spiega Stefano Lera, psicoterapeuta, docente all’Università di Firenze. «Se questi spettri sono inaffrontabili e si aggiunge la vergogna di esporre il proprio corpo e la paura del contatto, il rapporto sessuale non è possibile».
Ma quali possono essere le cause? Fattori genetico-biologici. A favore di questa teoria sono le ricerche di Kagan, che studiando gemelli omozigoti, con un patrimonio ereditario identico, ha avuto modo di osservare che se un gemello è timido, lo è anche l’altro, anche se vissuti in ambienti diversi. La moderna psichiatria sostiene il modello medico delle cause della timidezza e si richiama alle scoperte della neurobiologia e della genetica. Un’altra causa può risiedere in modelli psicologici: le radici della timidezza sono da ricercarsi nell’ambiente familiare e nelle figure genitoriali. “Se il bambino nasce in una famiglia blindata, poco numerosa e con pochi contatti sociali, dove si parla poco e non si scambiano manifestazioni d’affetto, è abbastanza normale che sviluppi comportamenti caratterizzati dall’inibizione. Dalla famiglia possono venire anche atteggiamenti educativi errati, come l’essere ipercritici, rendendo i figli timorosi di esprimersi, per la paura di sbagliare” afferma Giuliana Proietti nel libro ‘La timidezza’ (Xenia Editore).
“La timidezza si palesa come una modalità esistenziale, nella quale l’essere con l’altro non si attua semplicemente nel moto di andare verso e nel trovare un equilibrio stabile di relazione, ma nell’essere fermi mentre l’altro viene incontro, invadendo lo spazio personale” spiega Franco Avenia, vicepresidente della Federazione Italiana Sessuologia Scientifica. “L’altro, che mette all’angolo e paralizza, è vissuto come giudicante e si mostra capace di entrare nei luoghi più reconditi del nostro essere, dove può scovare tutte le nostre debolezze. Diviene uno specchio nel quale si è costretti ad osservare un sé che non piace, che si vuole negare”. La sessualità, con la sua forte interazione fisica, assume caratteristiche negative, di non-funzionalità.
“La prima caratteristica della sessualità che possiamo osservare nella dimensione della timidezza è la sostituzione della finalità propria della sessualità con altri obiettivi” continua il professor Avenia. “La ricerca d’identità, infatti, diviene l’elemento cardine dell’agire sessuale. Il timido o la timida si danno all’incontro con l’altro, senza un’identità precisa ma definendo se stessi solo attraverso il giudizio dell’altro. Il proprio piacere diventa un accessorio non necessario. Il risultato? Una sensazione d’inadeguatezza e un costante stato d’ansia che svuota la sessualità dalla sua originaria finalità: il piacere“. L’uomo potrà mostrare difficoltà nell’ottenere l’erezione e la donna avere scarsa lubrificazione: si tratta di ansia da insuccesso. Oppure l’uomo può perdere l’erezione e la donna non arrivare all’orgasmo: si tratta di ansia da prestazione.
Ricorrere alla psicoterapia può dare buoni risultati, anche nel caso di terapie brevi e insolite come quella citata nel film ‘Terapia Roosevelt’ di Vittorio Muscia. Al timido protagonista (giornalista televisivo) per superare l’inibizione dell’intervista, viene consigliato d’immaginare l’interlocutore seduto sul water… Come ogni comune mortale.
Se desiderate avere chiarimenti su problemi di natura sessuale (maschile o femminile) potete scrivere alla dottoressa Bettelli Lelio a: cbchiachia7@gmail.com