La storia di Souleymane: 48 ore di un rider a Parigi
La storia di Souleymane, un film di Boris Lojkine con Abou Sangare Francia, 2024 – nelle sale da fine settembre – Premio della Giuria e Premio per il Migliore attore nella sezione “Un Certain Regard” – Premio Fipresci
La storia di Souleymane si moltiplica per tre.
La prima storia di Souleymane è quella dal ritmo serrato e stringente che ci racconta due lunghe faticose giornate di un rider che con la sua bicicletta corre a rotta di collo per le strade di Parigi, pressato dalle consegne.
Mentre Souleymane pedala usando l’account di un “amico” in regola che gli subappalta il lavoro, pretendendo il pizzo, incontra altri immigrati che gli chiedono aiuto, affronta contrattempi e ostacoli di tutti i tipi.
Deve correre sempre, fino a tarda sera. L’ultima corsa è quella per prendere il pullman che lo porta nel centro di accoglienza. Qui può contare perlomeno su una doccia e un letto; e sulla solidarietà e la gentilezza di tanti altri che si trovano nelle sua condizioni.
Un miracolo in un mondo ostile e pieno di disagi e incertezze.
Poi c’è la seconda storia di Souleymane che deve imparare per bene a memoria per raccontarla ai funzionari dell’Ufficio francese per la protezione dei rifugiati e degli apolidi (OFPRA) per la richiesta di asilo, da cui spera di avere l’agognato permesso di soggiorno con cui poter lavorare in modo regolare.
Alla fine del film, si ricompone la terza e vera storia di Souleymane migrante dalla Guyana alla ricerca di una prospettiva migliore di vita per sé e per le donne che ama: la madre, ripudiata dalla famiglia, perché considerata pazza e stregata, e la fidanzata, che vorrebbe raggiungerlo nonostante i rischi del viaggio attraverso la Libia e poi il Mediterraneo.
Una telefonata d’amore
La telefonata nella notte tra i due giovani che vorrebbero poter costruire una vita insieme, ma sono sempre più lontani, è straziante ed è il centro emotivo del film.
Sul pianerottolo di un condominio dove Souleymane si è rifugiato dopo aver perso il pullman che lo porta tutte le sere nel centro di accoglienza a Clignancourt, il ragazzo esprime l’amore per la sua donna dandole un consenso tormentato alla proposta di matrimonio che lei riceve da un altro pretendente, un ingegnere, che può garantirle una vita migliore.
Con tenerezza si parlano attraverso lo smartphone, che permette di guardarsi negli occhi, ma la distanza resta incolmabile.
Lei vorrebbe raggiungerlo in Francia, ma lui conosce bene le violenze e gli stupri che toccano alle donne migranti in balia dei trafficanti. E noi spettatori lo sappiamo come lui, perché in a una sequenza iniziale all’ufficio immigrazione una donna accenna con dolore e vergogna a ciò che ha subito…
La storia che serve…o quella vera?
Souleymane vive a un ritmo coinvolgente e incessante i due giorni che precedono il colloquio per avere lo status di rifugiato politico. Servono una storia e documenti falsi, procurati a pagamento un altro immigrato.
Raccontare una storia non sua sembra l’unica via per ottenere l’asilo.
Questo è il meccanismo perverso costruito nei paesi europei per contrastare la cosiddetta immigrazione illegale, senza tener conto delle ragioni reali dei “clandestini”, della miseria da cui fuggono, delle speranze e dei progetti che coltivano, come è diritto di tutti.
Per il sistema della gig economy il lavoro di Souleymane è indispensabile, ma non gli è permesso di farlo in modo legale: una vera e palese ingiustizia.
Il regista francese Boris Lojkine, al suo terzo film, la mostra a un pubblico europeo, che troppo spesso utilizza a sua vantaggio il sistema di delivery, ma fa finta di non vedere lo sfruttamento su cui si regge.
L’esordiente Abou Sangare interpreta con partecipazione e intensità Souleymane, cui dà un sorriso triste e tenace, mentre segue una routine impossibile da sostenere.
La macchina da presa gli sta addosso costantemente e ci racconta la sua giornata quasi in tempo reale, coprendo ogni aspetto del suo quotidiano: le consegne, la maleducazione e i malumori di clienti e fornitori, la corsa contro il tempo per rispondere alle verifiche d’identità di una app che non è a suo nome.
Il film procede come lui a ritmo di corsa, grazie all’efficace montaggio di Xavier Sirven.
Tutto ciò mentre si prepara a rispondere alle domande del funzionario dell’Ufficio preposto e ripassa una storia di cui non gli restano in mente date e particolari, una storia vecchia e riciclata, che non può essere convincente.
Arriva il colloquio finale con la funzionaria, che l’interpretazione di Nina Meurisse arricchisce di dolente comprensione e umanità.
Ma l’esito appare assai incerto…
La storia di Souleymane appassiona e impone di riflettere sulle contraddizioni del nostro mondo.
La storia di Souleymane, un film di Boris Lojkine con Abou Sangare – Francia, 2024 – distribuzione https://academytwo.com