La Canestra di Caravaggio – Segreti ed enigmi della Natura Morta
“La canestra di Caravaggio. Segreti ed enigmi della natura morta” è il nuovo grande evento che richiama ad Asti, gli appassionati della pittura di Caravaggio.
Dopo i successi delle esposizioni dedicate ai Macchiaioli e a Giovanni Boldini, Palazzo Mazzetti ospita Caravaggio e altri pittori del Seicento che si sono dedicati alla natura morta, per una mostra–racconto che accompagna i visitatori a svelarne i segreti.
Al centro è la straordinaria Canestra di frutta (1597-1600) offerta eccezionalmente in prestito dalla Pinacoteca Ambrosiana, prestigiosa istituzione milanese che la conserva fin dal ‘600.
Nascita e storia della Natura morta
La Canestra, capolavoro di Michelangelo Merisi che la dipinge quando ha solo 23 anni su commissione del Cardinale Federico Borromeo, è la prima Natura Morta della storia dell’arte.
Caravaggio conferisce a oggetti presi dal vero e resi con folgorante realismo la medesima dignità formale e interpretativa riservata fino allora alle figure umane, ai protagonisti della storia sacra e della mitologia.
Alla frutta raccolta in un canestro affida il compito di comunicare il messaggio devozionale che la tradizione attribuisce ai prodotti della terra.
Attraverso la mostra lo storico dell’arte Costantino D’Orazio racconta la nascita e l’evoluzione nel tempo del genere pittorico inaugurato da Caravaggio, metafora della vita e simbolo del tempo che fugge.
I significati simbolici della Canestra
In un’epoca fortemente condizionata dal Concilio di Trento, può sembrare strano che un Cardinale colto e raffinato come il Borromeo abbia voluto arricchire la sua collezione con un dipinto di frutti, alcuni anche bacati, distraendosi dalle scene sacre.
In realtà la Chiesa attribuisce a ciascun frutto presente nella tela caravaggesca pregnanti significati: il limone è simbolo di purezza per l’acidità del suo succo; la pesca, composta da polpa, nocciolo e seme è simbolo della Trinità e la forma della sua foglia richiama quella della lingua, invito a pronunciare la verità.
Ma ancora più suggestivi sono la mela e l’uva: in primo piano, è visibile sulla mela il foro di un verme, che segnala la sua prossima fine, mentre le foglie dell’uva sono fresche e rugiadose a sinistra, ma già secche a destra. Il messaggio è: Memento mori.
Tutta la composizione è esaltata da un sapiente uso della luce e che si riflette sulla superficie pittorica.
La Canestra è tra le immagini più popolari in Italia anche perché ha campeggiato sulla banconota da centomila lire tra il 1994 e il 1998, prima dell’era dell’euro.
Come comprendere i significati della “Natura Morta”?
Il successo di questo quadro fa nascere un genere, esemplificato in mostra da oltre venti preziose tele prestate da prestigiose collezioni private e da musei come la Galleria Borghese e la Venaria Reale.
Sono “nature morte” cariche di simbologie e significati, specchio dei costumi, delle necessità, delle fantasie e delle ossessioni di uomini e donne che hanno vissuto tra Cinquecento e Settecento.
Partendo dall’analisi del capolavoro del Merisi, questa rassegna offre ai visitatori gli strumenti per interpretare il significato dei fiori, dei frutti o degli altri oggetti dipinti, cogliendo il messaggio devozionale della tradizione.
Che significato veicola un frutto, un fiore, un animale? Cosa ci dice una gerbera gialla in primo piano o una composizione di limoni e cipolle?
Non sono solo immagini decorative, ma enigmi per i contemporanei difficili da sciogliere. A costoro la mostra astigiana offre un vero e proprio vocabolario in cui ogni frutto, vegetale, oggetto o animale rivela il proprio segreto.
La Canestra di Caravaggio e gli altri artisti in mostra
Alcune opere sono antecedenti a quella del Merisi, come il Ragazzo con vassoio di susine di Nicolas Régnier o l’opera del pittore bergamasco Bartolomeo Bettera, che dipinge strumenti musicali impolverati sotto tende sollevate alla maniera di un sipario.
Ma il genio di Caravaggio è imprescindibile riferimento per gli artisti successivi tra cui brillano Jan Brueghel Il Giovane e Orsola Maddalena Caccia, che investigano i cambiamenti cromatici e luministici su elementi naturali privi di movimento in un’atmosfera di attesa in cui la presenza dell’uomo è temporaneamente esclusa.
Si segnalano i quattro dipinti del miniatore piemontese Octavianus Monfort, di origine monferrina, che nelle sue ricche composizioni ritrae le dispense delle dimore di campagna, dove si conservano le provviste per l’inverno della cucina povera di questa terra, rappresentati realisticamente, al di là dell’aggiunta di elementi simbolici.
Il comune di Asti opera nella “convinzione che la cultura rappresenti il motore principale della crescita sociale, civile ed economica della comunità”, come dichiara il sindaco Maurizio Rasero, che ringrazia la Fondazione Cassa di Risparmio di Asti per la collaborazione data.
L’importanza di questa rassegna è un’ulteriore dimostrazione della centralità conquistata da Asti nel panorama espositivo nazionale e internazionale.