Il Museo del Tartufo è il 9° museo del cibo sui Colli parmensi
Il Museo del Tartufo di Fragno, inaugurato il 14 giugno 2024, arricchisce di una nuova perla il circuito dei Musei del cibo di Parma e dei suoi dintorni.
Il Museo del Tartufo di Fragno ci accoglie a Calestano, in val Baganza, nelle antiche sale di pietra delle vecchie carceri, rese accoglienti e suggestive dalle istallazioni immersive che illustrano la prelibatezza del tartufo, tubero ipogeo nero uncinato, e ne raccontano la storia.
Il tartufo nero uncinato per essere degustato deve appoggiarsi ad altri ingredienti e perciò introduce alla ricchissima gastronomia parmense, invitando anche a sperimentare altri sapori.
Il Museo del Tartufo è una delle tappe del circuito dei Musei del Cibo, una rete museale unica a livello italiano ed europeo, nata con l’apertura del museo del Parmigiano Reggiano a Soragna nel novembre 2003.
“Voi, primi genitori della razza umana, che vi siete rovinati per una mela, che cosa non avreste fatto per un tacchino ai tartufi?” Così scriveva il grande gastronomo francese Anthelme Brillat-Savarin nella sua “Fisiologia del gusto” (1825).
Alla ricerca del tartufo
L’avventura inizia con il cacciatore di tartufi in cerca insieme al suo Lagotto, il cane che ha dimostrato particolare perizia nell’individuare i tuberi nascosti nel terreno. In una delle sale più coinvolgenti seguiamo la ricerca di Maggy e del suo cucciolo Briciola, che dalla madre impara a diventare un cercatore esperto.
La cerca e cavatura del tartufo sono state dichiarate dall’UNESCO patrimonio immateriale dell’umanità nel 2021, prima ancora del riconoscimento attribuito all’Opera lirica italiana. E ricordiamo che Parma è città verdiana per eccellenza!!!
In un ambiente naturale incontaminato
Il tartufo nasce spontaneamente in ambienti adatti come i boschi di carpino, roverella e nocciolo, in ambienti incontaminati. La cultura del tartufo è perciò strettamente connessa alla difesa dell’ambiente naturale.
“È un fungo ipogeo che ha bisogno degli alberi per vivere e del suo aroma per farsi trovare e potere così disperdere le proprie spore e diffondersi. Una delle più strane, ma efficaci, strategie di riproduzione del pianeta.” – spiega Giancarlo Gonizzi, coordinatore dei Musei del Cibo, che sottolinea come il Museo del tartufo è stato “realizzato grazie ai finanziamenti del GAL del Ducato nel contesto delle azioni di valorizzazione del territorio montano.”
Il Museo del tartufo in sei tappe
La visita del Museo è interattiva e strutturata come una caccia al tesoro immersiva.
All’ingresso al visitatore viene consegnata una scheda che va compilata sulla base delle informazioni acquisite attraverso i filmati, i pannelli esplicativi, gli oggetti e i documenti che raccontano come si riproduce, si raccoglie, si serve in tavola il tartufo. Chi risponde correttamente avrà un premio finale.
La prima sezione è dedicata al territorio della Val Baganza con i suoi monti e i “Salti del Diavolo”, parte di una formazione sedimentaria, risalente a 80 milioni di anni fa, i Flysch di Monte Cassio e la spettacolare Via degli Scalpellini.
Infine Calestano, borgo medievale tra portici e piazzette.
La seconda sezione è dedicata alla raccolta, che un tempo si faceva con i maiali, dall’ottimo fiuto, sostituiti a metà ‘400 da cani addestrati come il “Lagotto di Romagna” che appare in un dipinto di Mantegna nella Camera degli Sposi di Mantova.
La “cerca” è raccontata in un filmato realizzato in soggettiva grazie a una piccola telecamera collocata sull’animale. In una vetrina sono esposti gli attrezzi utilizzati dai tartufai per la ricerca.
La terza sezione racconta come il tartufo nasce, vive e si riproduce: grazie al suo inconfondibile aroma animali selvatici, topi, insetti lo mangiano e poi disseminano il terreno di spore.
Tante le curiosità e le storie: gli antichi credevano che i tartufi si trovassero dove cadevano i fulmini; nell’800 viene realizzata la prima sistematica catalogazione delle varietà più pregiate.
La quarta sezione, nella suggestiva torre in pietra, offre una esperienza immersiva nel bosco alla ricerca del tartufo.
Nella quinta sezione incontriamo personaggi come Lucrezia Borgia, Gioachino Rossini, Giuseppe Verdi, Camillo Benso Conte di Cavour e altri amanti del tartufo. E poi una rassegna di ricette antiche e recenti e i mixology a base di tartufo: tutto scorre su una tavola touchscreen, appositamente apparecchiata. Infine, ecco gli chef del territorio che, in video, preparano i loro piatti a base di Tartufo Nero di Fragno.
La sesta sezione rievoca come già lo gustassero Assiri, Greci, Romani: Giovenale nelle Satire si dichiara disposto a rinunciare al grano, ma non al tartufo. Petrarca è il primo a elogiare in versi il Tartufo Nero di Fragno. Nel 1500 Alessandro Bajardi ne loda le doti “afrodisiache”. Pittori come Chardin lo raffigurano nell’arte.
Una raccolta di scatolette di latta ricorda infine che il tartufo aromatizzava alcune conserve distribuite alla truppe durante la Prima guerra mondiale.
Alla fine della visita non resta che l’assaggio delle ricette della tradizione locale nei ristoranti dell’antico borgo.