Dentro Caravaggio: un imperdibile docu-film sul maestro della luce
La Grande Arte al cinema
Nell’ambito del progetto di Nexo Digital, la Grande Arte al Cinema, imperdibile occasione per vedere il 27 – 28 – 29 maggio, a cinque secoli dalla morte, il docu-film “Dentro Caravaggio”, regia di Francesco Fei, sceneggiatura di Jacopo Ghilardotti.
Ad accompagnare lo spettatore durante il percorso, che unisce all’aspetto divulgativo il rigore scientifico dei contenuti e che si snoda tra i luoghi più significativi della vita dell’artista, l’attore Sandro Lombardi ed un nutrito gruppo di esperti e studiosi, tra cui Gennaro Carillo, docente di Storia del pensiero politico, gli artisti Milo Manara, fumettista, grande appassionato di Caravaggio (di cui ha pubblicato una biografia in due albi), i Masbedo (Nicolò Massazza e Iacopo Bedogni), attivi nel campo della video arte e delle installazioni, e l’editore e autore Achille Mauri.
Michelangelo Merisi, detto Caravaggio per la provenienza della sua famiglia da questa cittadina, nasce a Milano nel 1571.
Dopo i primi anni lombardi si trasferisce a Roma, grazie al cardinale Francesco Maria del Monte, dove vivrà una vita tormentata e drammatica a causa del suo temperamento; sarà coinvolto nel 1606 nell’uccisione di un capobanda rivale.
Condannato a morte e costretto a fuggire, da Napoli a Malta, poi in Sicilia, nel 1610 morirà malato e braccato (pur avendo ottenuto il perdono, di cui non ebbe forse notizia) su una spiaggia nei pressi di Porto Ercole in Toscana; il suo corpo non verrà mai trovato.
“Dentro Caravaggio” muove dal Sacro Monte di Varallo (Vercelli), complesso di suggestivi e scenografici affreschi di Gaudenzio Ferrari del 1507-28, sulla Via Crucis e i luoghi della storia di Cristo, dove si ipotizza possano trovarsi le radici dell’arte di Caravaggio, luogo particolarmente caro a San Carlo Borromeo, anima della Controriforma cattolica, arcivescovo a Milano, dove in quegli anni cresce Caravaggio.
Il docu-film ripercorre poi i luoghi più significativi della tormentata e drammatica vita dell’artista.
A Milano le riprese delle mostre del 2017-18 “Dentro Caravaggio” a Palazzo Reale e “L’ultimo Caravaggio. Eredi e nuovi maestri” alle Gallerie d’Italia permettono di accostarci a diverse opere.
La prima (l’esposizione più completa dopo quella del 1951 allestita dal grande storico dell’arte Roberto Longhi, a cui si deve la rivalutazione internazionale del pittore), ha visto il contributo della curatrice Rossella Vodret, storica dell’arte, massima conoscitrice dell’artista, e del critico e studioso Marco Carminati; la seconda, il contributo del curatore e storico dell’arte Alessandro Morandotti.
Mentre alla Pinacoteca di Brera è esposta la “Cena in Emmaus” (1606). Poi Roma alla Cappella Cerasi in Santa Maria del Popolo, Napoli al Pio Monte della Misericordia, La Valletta a Malta nella Cattedrale di San Giovanni Battista, a Siracusa nella Chiesa di Santa Lucia alla Badia e a Messina.
Gli esperti sottolineano più volte la contemporaneità di Caravaggio, erede della tradizione cinquecentesca e rivoluzionario innovatore, la sua popolarità ed universalità e le sue caratteristiche essenziali: la luce, il realismo, indagato ed esplorato nella sua drammaticità, talora ritenuto eccessivo e rifiutato dai committenti, che non esalta la bellezza dei corpi ma “dà forma alle ombre” e che lo porta a ritrarre la vita quotidiana, il movimento dei corpi (mani, braccia inclinazione della testa) che spesso si traduce in uno slancio verso lo spettatore, le espressioni dei volti, rivelatrici dei moti dell’anima, la costruzione dello spazio che procede per ripensamenti e rifacimenti, l’aspetto narrativo; tutto questo insieme fa emergere con forza la teatralità delle sue opere e porta molti a sostenere che oggi Caravaggio farebbe del cinema, sarebbe definito un “pensatore visivo”.
Numerosi i capolavori presentati nel docu-film, databili tra il 1595 e il 1610 e visibili in diverse città italiane ed estere: da Vicenza a Milano, Firenze, Roma, dalla Pinacoteca Vaticana a Napoli, Siracusa e Messina; da Spagna (Madrid e Montserrat) a Malta, da Londra agli USA.
Nel “Riposo nella fuga in Egitto” (1597, Galleria DoraPamphilj, Roma) spicca l’eccezionale invenzione del sensualissimo angelo che suona il violino di spalle e che divide in due l’opera; diversi i livelli di lettura,tra cui quello di una progressione verso la salvazione: a sinistra Giuseppe e l’asino, in penombra, sullo sfondo un paesaggio arido e pietroso (prima della venuta di Cristo), a destra, in piena luce e in un paesaggio aperto e rigoglioso la Madonna con il Bambino (dopo l’avvento del Salvatore).
Nel “Ragazzo morso dal ramarro” (1597, Fondazione Longhi, Firenze) a caratterizzare l’opera è il movimento, lo scatto improvviso del ragazzo, l’agitarsi dell’acqua nel vaso e la forte drammaticità espressiva (lo spavento, il dolore); si tratta forse di un autoritratto, un ritratto nello specchio, conosciuto in più versioni (i famosi “doppi”).
In “Giuditta che taglia la testa ad Oloferne” (1601-02, Galleria Nazionale d’Arte Antica, Roma) emerge la potenza della grazia divina, che permette all’esile fanciulla di vincere sul generale assiro (il Male, l’eresia luterana). La bella Giuditta – che ha le fattezze della prostituta Fillide Melandroni – è affiancata ad una vecchia serva; il contrasto è accentuato tra la luminosità del levigato volto della prima e l’estrema rugosità della seconda.
In “Marta e Maria Maddalena” (1606, Institute of Art, Detroit) la salvazione passa dal rimprovero di Marta, attraverso la luce abbagliante delle sue mani in movimento, alla conversione di Maddalena (anche questo tema proprio della Controriforma), visibile nel volto rischiarato della peccatrice. Le due donne si contrappongono anche nelle vesti e nell’atteggiamento: semplici e modeste nella prima, assai vivace, lussuose nella contemplativa Maddalena.
Dal punto di vista tecnico Caravaggio, velocissimo nell’esecuzione, ritraeva i modelli in posa (presi dalla strada e da lui frequentati, come le prostitute di carriera), faceva delle incisioni direttamente sulla tela per segnare i punti di riferimento spaziali, usava la preparazione a vista (chiara nei primi anni, scura dal 1600, rossa …).
Ma oggi, grazie alla diagnostica artistica, si sa anche che operava su disegni prima sottili, poi larghi a pennello e con gli abbozzi, pennellate chiare e corpose che servivano a costruire le figure e a sintetizzare le luci, tipiche delle opere romane della maturità.
L’influenza di Caravaggio sugli artisti nei primi decenni del 1600, fino al sopraggiungere del barocco, fu significativa sia in Italia (Orazio e Artemisia Gentileschi, B. Manfredi, Battistello Caracciolo e molti altri) sia in Europa (francesi, fiamminghi, tedeschi, olandesi a partire da G. de la Tour e Rembrandt).